LECTIO DIVINA SUL VANGELO domenicale - 6

 

22 novembre 2015 – Solennità di Cristo Re dell’universo

Ciclo liturgico: anno B

 

Benedetto colui che viene nel nome del Signore!

Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! 

 

Giovanni 18,33-37  (Dn 7,13-14  -  Sal 92  -  Ap 1,5-8)

O Dio, fonte di ogni paternità, che hai mandato il tuo Figlio per farci partecipi del suo sacerdozio regale, illumina il nostro spirito, perché comprendiamo che servire è regnare, e con la vita donata ai fratelli confessiamo la nostra fedeltà al Cristo, primogenito dei morti e dominatore di tutti i potenti della terra.

 

  1. In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?».
  2. Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?».
  3. Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».
  4. Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
  5. Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re.
  6. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».

Spunti per la riflessione

Ridicoli

Siamo sinceri: qui sfioriamo il ridicolo.

E il bello è che lo rifacciamo tutti gli anni, non contenti delle batoste che continuamente prendiamo.

Capite: nell’arco di un decennio la memoria dolente dei nostri defunti e la speranza nella resurrezione è stata soverchiata dall’allegra festa dei fantasmi (non sono un fanatico e non vedo in un bambino vestito da strega l’opera del demonio, solo la superficialità del nostro tempo) e noi siamo qui a parlare di “re” quando gli unici re che conosciamo sono sulle pagine dei rotocalchi di gossip?

Peggio: parliamo di regalità e di vittoria quando lo spettro del terrorismo tiene svegli i nostri bambini di notte e lo sconcerto aleggia nei nostri cuori?

Sia. Bisogna capirla bene, molto bene, allora, questa pomposa festa che chiude l’anno liturgico in cui Marco ci ha tenuto compagnia. Capirne la sfumatura teologica, la ricchezza spirituale, la novità sconcertante. Insomma, presa sul serio, questa festa mette i brividi, altroché. Perché ci obbliga alla conversione.

Tu sei re?

Ha perfettamente ragione Ponzio Pilato, procuratore romano che Roma ha messo sul trono di uno dei figli del re vassallo Erode, commissariando la Giudea. Lui odia cordialmente quella riottosa provincia, non ne capisce gli usi e i costumi, né la loro religione ottusa che rifiuta addirittura di piazzare la propria divinità nel democratico Pantheon di Roma.

Non la capisce e si capisce che non la capisca: quella gente gli costerà la neonata carriera che lo avrebbe portato al Senato. E non capisce quella faccenda del Sinedrio che gli porta dinanzi un contadino dimesso che si prende per re. Ma, si sa, l’accusa di regicidio è di competenza di Roma, così come la pena di morte, lo ius gladii.

Si aspettava chissà chi, invece eccolo qui il re dei giudei: uno che non sa nemmeno da che parte è girato. Non sa se ridere o arrabbiarsi, Pilato, per quell’inutile perdita di tempo.

No, non è un re, non scherziamo. Nessun piglio guerresco, né sguardo fiero, nessun esercito alle sue spalle. Solo un poveraccio.

Molta serena fierezza in lui, sì, e anche capacità di dibattito, ma niente che possa spaventare Roma.

Poteri

Tu sei re?

Leggo la stessa imbarazzata domanda negli occhi di chi vede i discepoli di quel folle, oggi, parlare di pace, di solidarietà, di mondo sostenibile, di perdono, di amore che dura.

Occhi di chi pensa di dominare il mondo, di possederlo attraverso i mercati, o le opinioni, o le armi. E guardano dall’alto del loro potere questa escrescenza storica che è il cristianesimo, comunque destinato a fallire.

Tu sei re?

Pensa chi amministra le città davanti alla parrocchia di periferia che si sbatte da mattina a sera, utili idioti che nascondono le magagne di chi dovrebbe fare e non fa.

Tu sei re?

Hanno pensato i sicari che sparavano in testa ad un prete palermitano rompiscatole, don Pino Puglisi, il giorno del suo compleanno.

Tu sei re?

Mi sento ripetere mille volte al giorno quando tento di proporre la visione del Vangelo alla gente disincantata che incontro.

Vero, hanno ragione, scusate, l’apparenza inganna. È che questo non-re ha salvato il mondo.

E siamo qui a parlare dell’oscuro Pilato solo perché lo ha condannato a morte.

Mostri

Nella visionaria descrizione della prima lettura, Daniele vede il mondo sconquassato da quattro bestie, segno delle dominazioni su Israele che si sono succedute nei secoli: il leone indica il sanguinario regno di Babilonia, l’orso i Medi, il leopardo i persiani e l’ultima bestia, la più spaventosa, rappresenta il regno di Alessandro Magno e dei suoi successori, fra cui Antioco IV, persecutore dei devoti al tempo in cui scrive Daniele.

Nel brano che abbiamo meditato il profeta vede la venuta di un figlio dell’uomo, semitismo che indica, semplicemente, l’uomo. Non più delle bestie deterranno il potere in Israele, ma un uomo, finalmente.

Quanta poca umanità, ancora oggi, troviamo in coloro che detengono il potere!

Quanta poca umanità nel potere religioso del sinedrio e in quello politico dell’aquila romana!

I sadducei e i sacerdoti del tempio devono chiedere permesso all’odiato Pilato per sbarazzarsi dell’ingombrante Nazareno.

Il sinedrio vuole uccidere Gesù ma non può.

Pilato vuole salvare Gesù per umiliare il sinedrio, ma non può.

Entrambi faranno ciò che non vogliono. Il compromesso, la paura, il calcolo li fanno diventare burattini delle proprie ambizioni

Pilato, durante tutto il colloquio, pone solo domande. Non si interroga: interroga.

E non ascolta le risposte.

La verità

Gesù cerca di spiegare a Pilato in che senso è re. Illuso, non ci riuscirà mai, figuriamoci.

Ma dice a noi una cosa essenziale: egli è venuto per rendere testimonianza alla verità. Non a convincerci della verità, o ad aprire una scuola per insegnarla, ma a testimoniarla.

E la verità, nel mondo ebraico, non è l’oggettività scientifica ma l’interpretazione degli eventi e della storia.

Ecco: io credo nel modo di vedere l’uomo e Dio, la storia e la vita che ha avuto Gesù, nonostante tutti dicano il contrario, nonostante tutti mi guardino con un po’ di commiserazione.

Questo diciamo oggi.

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L’Autore

 

Paolo Curtaz

 

Ultimogenito di tre fratelli, figlio di un imprenditore edile e di una casalinga, ha terminato gli studi di scuola superiore presso l’istituto tecnico per geometri di Aosta nel 1984, per poi entrare nel seminario vescovile di Aosta; ha approfondito i suoi studi in pastorale giovanile e catechistica presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma (1989/1990).

Ordinato sacerdote il 7 settembre 1990 da Ovidio Lari è stato nominato viceparroco di Courmayeur (1990/1993), di Saint Martin de Corlèans ad Aosta (1993/1997) e parroco di Valsavaranche, Rhêmes-Notre-Dame>, Rhêmes-Saint-Georges e Introd (1997/2007).

Nel 1995 è stato nominato direttore dell’Ufficio catechistico diocesano, in seguito ha curato il coordinamento della pastorale giovanile cittadina. Dal 1999 al 2007 è stato responsabile dell’Ufficio dei beni culturali ecclesiastici della diocesi di Aosta. Nel 2004, grazie ad un gruppo di amici di Torino, fonda il sito tiraccontolaparola.it che pubblica il commento al vangelo domenicale e le sue conferenze audio. Negli stessi anni conduce la trasmissione radiofonica quotidiana Prima di tutto per il circuito nazionale Inblu della CEI e collabora alla rivista mensile Parola e preghiera Edizioni Paoline, che propone un cammino quotidiano di preghiera per l’uomo contemporaneo.

Dopo un periodo di discernimento, nel 2007 chiede di lasciare il ministero sacerdotale per dedicarsi in altro modo all’evangelizzazione. Oggi è sposato con Luisella e ha un figlio di nome Jakob.

Nel 2009 consegue ilbaccellierato in teologia presso la Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale di Milano con la tesi La figura del sacerdozio nell’epistolario di don Lorenzo Milani e nel 2011 la licenza in teologia pastorale presso l'Università Pontificia Salesiana di Roma, sezione di Torino, con la tesi Internet e il servizio della Parola di Dio. Analisi critica di alcune omelie presenti nei maggiori siti web cattolici italiani.

Insieme ad alcuni amici, fonda l’associazione culturale Zaccheo (2004) con cui organizza conferenze di esegesi spirituale e viaggi culturali in Terra Santa e in Europa.

Come giornalista pubblicista ha collaborato con alcune riviste cristiane (Il Nostro Tempo, Famiglia Cristiana, L’Eco di Terrasanta) e con siti di pastorale cattolica.

Nel 1999 è stato uno dei protagonisti della campagna pubblicitaria della CEI per l’8x1000 alla Chiesa cattolica. Come parroco di Introd ha accolto per diverse volte papa Giovanni Paolo II e papa Benedetto XVI nelle loro vacanze estive a Les Combes, villaggio di Introd.

 

Esegesi Biblica

Gesù davanti a Pilato (18, 28-40)

 

Questa scena si svolge nel pretorio, luogo di residenza di Pilato che compare qui per la prima volta nel vangelo di Giovanni, senza altre precisazioni sulla sua identità.

La domanda di Pilato ai sommi sacerdoti (v. 29) che incontra fuori dal pretorio per non “contaminarsi”, non significa necessariamente che egli non fosse al corrente dell’atteggiamento di questi uomini nei confronti di Gesù. Egli chiede il motivo dell’accusa in conformità alla legge romana. Siccome i nemici di Gesù, non disponevano di un’accusa così grave da condannare Gesù, fanno un primo tentativo di costringere Pilato ad accettare il loro giudizio senza andare alla ricerca di accuse specifiche.

Pilato si rifiuta di compromettersi in questi termini (v. 31) ed è lui che costringe i giudei a scoprire i loro piani sulla vita di Gesù. Anche in questo racconto, come del resto in tutto il racconto della passione, Giovanni ci dà l’immagine di Gesù padrone degli avvenimenti e della storia, e qui l’evangelista vede nella morte di Gesù l’adempimento delle profezie fatte dallo stesso Gesù concernenti la sua morte (v. 32).

La domanda di Pilato a Gesù (v. 33) riguardo alla sua regalità è posta nei quattro vangeli in termini strettamente identici. Soltanto Giovanni sviluppa la risposta in un dialogo tra Gesù e Pilato. Provocato da Pilato a riconoscersi come re, Gesù prende le distanze dall’immagine della regalità terrena, senza tuttavia rifiutare il titolo stesso. Ma la contestazione di Gesù è più ampia: il suo regno non è quello che aspettano i giudei, né quello che Pilato suppone. Il suo regno viene da altrove, è di natura spirituale, lui è il “preesistente” e il suo regno si instaura non mediante la forza, ma attraverso la proposta di una parola di rivelazione. Quelli che l’accolgono diventano sudditi di questo regno, non solo alla fine dei tempi, ma fin d’ora. E il suddito è chi si mette in ascolto della parola di rivelazione “chiunque è dalla verità ascolta la mia voce”.

Alle parole di Gesù, Pilato risponde con una battuta che esprime sia ironia che scetticismo. Ma il processo ha cambiato aspetto: l’accusatore è diventato accusato, la vittima è diventata giudice, Pilato infatti respinge le accuse mosse contro Gesù: egli non è un “malfattore” come affermavano i giudei e Pilato proclama l’innocenza dell’accusato. A questo punto i giudei si trovano nella situazione ironica di dover chiedere la liberazione di uno che era colpevole dello stesso crimine di cui essi avevano falsamente accusato Gesù. Barabba era stato arrestato per sedizione politica. È quanto, forse, vuole esprimere Giovanni chiamandolo “bandito”, termine usato per designare gli “zeloti” che costituivano l’opposizione sotterranea giudaica alla dominazione romana.

 

 

 

Il pretorio è la residenza del procuratore romano che si trovava a Cesarea, capitale romana della Palestina. Nei giorni delle solennità giudaiche il procuratore soleva però risiedere a Gerusalemme per poter intervenire con prontezza in caso di disordini.